venerdì 8 giugno 2018

Equa Azione



Equa azione

Abbiamo realizzato tanti progetti di integrazione degli stranieri. Facevo la mediatrice linguistico culturale e, spesso, alcune situazioni mi facevano riflettere e valutare nello stesso momento il potere della matematica e la sua forza di dare pari dignità. La chiave per la comunicazione è la lingua madre. Bene fin quando tutti conoscono la stessa lingua. Nel momento in cui ci si trova in un ambiente dove la capacità linguistica di comunicare manca, si cerca di farlo con dei simboli o segni, ma anche questi non hanno lo stesso significato per tutti.
Una bambina albanese della seconda elementare alla quale cercavo di insegnare le doppie consonanti, alla domanda  «Con quante “m”  si scrive la parola mamma, mi risponde «Con tre». La risposta attesa ovviamente non era quella.  Lei ha risposto avvalendosi di un'altra conoscenza, quella matematica.
Durante la compilazione di alcuni moduli di accoglienza, alla domanda «Quanti anni avevi quando sei arrivato in Italia?», una ragazza del Marocco, che frequentava la terza media, ha risposto:«-2». Nella sua lingua avrebbe voluto dire: «I miei genitori sono arrivati in Italia due anni prima che io nascessi». Con la risposta «- 2» ci ha comunicato lo stesso messaggio anche in italiano.
Racconto in classe queste storie. Sottolineo il fatto che la ragazza della terza media non conosceva la lingua italiana. Ha usato il linguaggio matematico per trasmetterci il suo pensiero. Tramite questo linguaggio abbiamo interpretato in italiano quello che voleva dirci. In altre parole abbiamo risolto il quesito, l’equazione.
Propongo agli studenti di fare la stessa cosa con l’equazione,  l’argomento di oggi.   
La situazione diventa interessante. Ognuno cerca di dare il suo contributo, avvalendosi delle definizioni.
Dopo qualche esercizio con il simbolo di appartenenza di un elemento ad un insieme, alla scrittura:                                                                                     
 x Î N,  N = {0,1,2,3,4,5,6,7,…….},  solo uno degli studenti, Giulio, contesta che la scrittura non si può considerare corretta. Altri hanno interpretato che x appartiene all’insieme dei numeri naturali (già abituati a leggerlo così). Giulio insiste dicendo che in N sono elencati tutti i numeri naturali, ma non vede nessuna lettera x. Non ha tutti i torti.  Propongo di migliorare la definizione dell’appartenenza, o di precisare la lettura: «La x varia in N» oppure «La x assume valori naturali». Dopo questa riflessione, gli altri condividono la precisazione. Noto che i ragazzi sono molto presi dall’argomento e ognuno vuole essere protagonista. Ne approfitto della situazione e chiedo se le scritture sottostanti le posso chiamare uguaglianze:
(a)   2+3=3+4;        (b) 8 – 3=2+3;         (c) a +2 = a;         (d) 2x = 6 
Perplessità. Andi ritiene che esclusa la (a), le atre sono uguaglianze. Giulio non si sbilancia. Alcuni sono d’accordo con Andi. Per non influenzarli con il mio silenzio, chiedo se ci sono altri pareri. Angela suggerisce che anche la (c) non è un’uguaglianza. Altri studenti la pensano come lei.
Sviluppo la (a) e scrivo 5 = 7.  «Se non la posso chiamare uguaglianza, che nome posso darle? » Rispondono quasi tutti in coro: «Uguaglianza falsa». Se c’è il simbolo “ = ” rimane sempre un’uguaglianza. Calcolando i suoi membri, siamo in grado di dire se è un’uguaglianza vera o un’uguaglianza falsa. Quando non possiamo farlo, quell’uguaglianza si chiama equazione. La (c) e la (d) sono equazioni. La variabile x può assumere diversi valori in N, in Z, ecc.
x Î N,  N = {0,1,2,3,4,5,6,7,…….} . Se nell’equazione (d) 2x = 6,   x assume il valore 0, abbiamo
2∙0 = 6, Þ 0 = 6,  uguaglianza falsa.       
Risulta così anche per i valori 1, 2, 4, 5, … Per il valore 3 abbiamo
2∙3 = 6, Þ  6 = 6, uguaglianza vera.
Il numero 3 che ha verificato l’uguaglianza (trasformandola da letterale in un’uguaglianza vera numerica) si chiama soluzione dell’equazione. L’insieme delle soluzioni è: S = {3}.  Riassumendo, l’equazione a prescindere è un’uguaglianza. Le soluzioni, certi valori numerici che la verificano.
Risolvere un’equazione è come cercare di conoscere una persona. Quando la vedi per la prima volta, l’apparenza può anche ingannare, poi pian piano riesci ad inquadrarla. Quando operiamo con un’equazione, all’inizio può sembrare difficile. Cerchiamo di ordinarla e definire il suo grado, dopo di che scegliamo il metodo rispettivo per risolverla. L’equazione di primo grado la risolviamo, in poche parole, applicando le operazioni inverse per raggiungere l’incognita. Per conoscere l’altro (la persona dietro la x, oppure delle sue caratteristiche) si comincia a trasportare i termini noti (nome, cognome, età) al secondo membro dell’uguaglianza fin quando si arriva alla vera incognita (non sempre ci si riesce L ). Le soluzioni di un’equazione, in fin dei conti, rappresentano un coinvolgimento complicato dei coefficienti. Sono quest’ultimi che a volte, a prima vista, ci fanno capire se le soluzioni esistono e quali sono. È come quando vedi una persona vestita con la divisa e capisci subito che lavoro fa.
Sempre tramite le operazioni inverse si immagina che per risolvere l’equazione di secondo grado, tra l’altro, bisogna eseguire anche la radice quadrata.  Otteniamo valori razionali, irrazionali o immaginari. È comodo quando la radice ci da valori interi. Di conseguenza le soluzioni sono intere o razionali. I numeri interi  sono come le persone gentili. Con loro si opera facilmente. Non di meno quelle razionali. Per “conoscere queste persone a prima vista” (soluzioni dell’equazione di secondo grado), do la regola:  
In un’equazione di secondo grado ax2 + bx + c = 0,  se | a+c | = | b | , allora il discriminante ∆, è un quadrato perfetto.
Le soluzioni sono:
A)     x1 = -1, x2 = - c/a, se a + c = b         B)x1 = 1, x2 =  c/a   se a + c = - b        
Compito a casa: dimostrare che ∆ = (a-c)2
A parte il valore 1 che in genere rappresenta la neutralità, con l’altra soluzione la persona si presenta come una frazione. «Un uomo è come una frazione il cui numeratore è quello che è, e il cui denominatore quello che pensa di sé. Più grande è il denominatore, minore la frazione. » diceva Lev Tolstoj.
Il coefficiente a quindi, per l’equazione di primo e secondo grado, ha un particolare ruolo.
«Applicando questa regola, che cosa avviene con coefficienti interi e  a=1? »  Due secondi di calcoli e Fatima con il sorriso risponde « Troviamo la persona gentile. » Ilarità in aula. 
Proviamo a dare velocemente le soluzioni dell’equazione:
12x2 – 17x + 5 = 0  applicando la nuova regola, si nota che a + c = b, le soluzioni sono: 1 e 5/12.
Proviamo che ∆ è un quadrato perfetto. ∆ = b2 – 4ac; ∆ = (-17)2 – 4∙12 ∙5 = 289 – 240 = 49 = 72 .
Le soluzioni x1= (17 – Ö49) / (2∙12) = 5/12   x2 = (17 + Ö49) / (2∙12) = 1       S = {5/12; 1}.     
Apro il testo sulla LIM e invito gli studenti  ad individuare quali equazioni soddisfano la nostra regola. I ragazzi si divertono nel calcolare a memoria le soluzioni confrontandole con le risposte del libro.
 
Matteo osserva che le risposte degli esercizi del testo sulla lavagna interattiva sono scritte diversamente da quelle del suo libro.
                                                                         Forse il suo testo è di una vecchia edizione. A prescindere da questo, chiedo a Matteo di dare una sua spiegazione. Silenzio in classe. Ricordiamoci che oggi dobbiamo ragionare con le conoscenze matematiche avvalendoci delle definizioni. Matteo nota che le soluzioni delle equazioni, che tra l’altro sono corrette, nel testo che appare sulla LIM, sono scritte semplicemente come valori numerici. Sul suo testo no. «Che cosa sono b = -3, x = -1? » Matteo risponde a voce bassa che sono soluzioni. Dimmi la definizione delle soluzioni. «Insieme di valori numerici che verificano l’equazione. »«Le scritture di sopra rappresentano insiemi? ». Matteo a voce piena dice che sono uguaglianze, anzi equazioni. Le soluzioni di un equazione non possono essere altre equazioni. Noto un atteggiamento di maggiore consapevolezza  da parte sua.
Messi i punti sulle i, torniamo all’applicazione della nuova regola. Le soluzioni pronte, senza calcoli dei discriminanti ai quali purtroppo non si può sfuggire sempre.   
Parlando di equazioni di grado superiore al secondo, sicuramente il primo che ci aiuta è Ruffini. Basta trovare gli zeri dell’equazione e abbassare il grado scomponendola in fattori di primo o secondo grado. Quest’ultimi oramai li sappiamo risolvere J.  
Data l’equazione: 2x3 + 3x2 - 2 x - 3 = 0      Trovare le soluzioni.  
Fatima coglie l’occasione. Prova a trovare quale dei divisori {±1;  ±3/2} del termine  -3/2 è lo zero dell’equazione. P(1) = 2∙13 + 3∙12 - 2∙1 - 3 = 0 Intervengo chiedendole che cosa sa sulle proprietà del numero 1. «A parte di essere l’elemento neutro della moltiplicazione, ogni sua potenza vale uno». Di conseguenza ogni termine risulta prodotto del numero 1 con il coefficiente. A questo punto per calcolare velocemente P(1), basta sommare i coefficienti delle potenze della x.       P(1) = 2 + 3 - 2 - 3 = 0. Con la regola di Ruffini Fatima scompone in fattori  (x-1)(2x2 + 5x + 3) = 0.  Risolve      2x2 + 5x + 3 = 0  notando  che a + c = b,  2 + 3= 5. Secondo la nuova regola le soluzioni sono:    x1 = - 1, x2 = -c/a. Scrive le soluzioni dell’equazione          S = { - 1; +1; -3/2}. 
Facile, veloce e anche divertente.
Arriva il momento di proporre la seconda regola di oggi.
Come dicevamo prima, le soluzioni dell’equazione dipendono dai propri coefficienti. Sono quelli che a volte (come abbiamo già visto per l’equazione di secondo grado) ci dicono a prima vista se le soluzioni esistono e quali sono.
In un equazione di terzo grado   x3 + bx2 + c x + d = 0 *  se   d = b∙c,  allora le soluzioni dell’equazione sono: x1 = -b;   x2 = -Ö -c;   x3 = Ö -c.
Dimostrazione in classe.  Suggerimento: al posto del coefficiente d scrivere il suo equivalente bc:
x3 + bx2 + c x + bc = 0
Chiedo a Matteo di fare la dimostrazione alla lavagna. Opera facendo la raccolta parziale seguita da quella totale:  x2(x + b) + c(x + b) = 0 Þ (x2 + c) (x + b) = 0   infine la legge di annullamento:     x2 + c = 0;      x + b = 0                      S = {-b; -Ö-c; Ö-c  }

*Se a  ¹1 si può sempre dividere i membri dell’equazione per a.

Possiamo  costruire un’equazione di terzo grado,  con coefficienti b e c di qualsiasi valore reale e con coefficiente d il loro prodotto. Così facendo le sue radici si possono conoscere immediatamente.
Es:  scegliere b = 23, c = -9,  di conseguenza  d =  -207.  L’equazione è:  
x3 + 23x2 - 9x - 207 = 0   e le soluzioni x1 = - 23;  x2 = - Ö9 = -3; x3 = Ö9 = 3.  S = {- 23; -3; 3}
Le regole che abbiamo visto ci aiutano a risolvere una certa categoria delle equazioni ovvero quelle con coefficienti tali da soddisfare le regole. Conoscendo i coefficienti possiamo dire se l’equazione è definita in R. In questo caso, le soluzioni possono essere intere, razionali o irrazionali.
Chiedo ai ragazzi di provare a descrivere tali soluzioni (numero decimale finito, decimale periodico, decimale infinito non periodico)  come caratteristiche delle persone.
Le risposte oltre ad essere appropriate, sono anche molto divertenti. Le categorizzano come persone razionali (che vanno subito al dunque), ripetitive (che dicono sempre la stessa cosa) e gli ultimi come persone proprio irrazionali, con ragionamenti che non hanno nè testa, nè coda.  
Segno i compiti a casa: risolvere le equazioni applicando, se è possibile, le nuove regole.  
Mi complimento con gli studenti dicendoli che ogni equazione definita in questa classe ha delle soluzioni intere o razionali. Giulio alza la mano e aggiunge: «Grazie professoressa, vuol dire che i coefficienti sono giusti. J»
Di solito usiamo la lingua madre per leggere la matematica. Oggi abbiamo usato la lingua matematica per leggere in italiano. È stata una equa azione.
Besa  Nuhi