Equa azione
Abbiamo
realizzato tanti progetti di integrazione degli stranieri. Facevo la mediatrice
linguistico culturale e, spesso, alcune situazioni mi facevano riflettere e
valutare nello stesso momento il potere della matematica e la sua capacità di conferire
pari dignità. La chiave per la comunicazione è la lingua madre. Bene fin quando
tutti conoscono la stessa lingua. Nel momento in cui ci si trova in un ambiente
dove la capacità linguistica di comunicare manca, si cerca di farlo con dei simboli
o segni, ma anche questi non hanno lo stesso significato per tutti.
Una volta, una bambina albanese della seconda elementare alla quale cercavo di insegnare le doppie
consonanti, alla domanda «Con quante “m” si scrive la parola mamma?», mi risponde «Con tre». La risposta attesa ovviamente non era quella, ma lei aveva utilizzato un'altra
conoscenza, quella matematica.
Durante
la compilazione di alcuni moduli di accoglienza, alla domanda «Quanti anni avevi quando sei
arrivato in Italia?», una
ragazza del Marocco, che frequentava la terza media, rispose:«-2». Nella sua lingua, intendeva dire che i suoi genitori erano arrivati in Italia due anni prima che lei nascesse. Con la risposta «-2» ci ha comunicato lo stesso messaggio anche in italiano.
Racconto
in classe queste storie. Sottolineo il fatto che la ragazza della terza media
non conosceva la lingua italiana. Ha usato il linguaggio matematico per
trasmetterci il suo pensiero. Tramite questo linguaggio abbiamo interpretato in
italiano quello che voleva dirci. In altre parole abbiamo risolto il quesito,
l’equazione.
Propongo
agli studenti di fare la stessa cosa con l’equazione, l’argomento di oggi.
La
situazione diventa interessante. Ognuno cerca di dare il suo contributo,
avvalendosi delle definizioni.
Dopo
qualche esercizio con il simbolo di appartenenza di un elemento ad un insieme,
alla scrittura:
x Î
N, N = {0,1,2,3,4,5,6,7,…….},
solo uno degli studenti, Giulio, contesta che la
scrittura non si può considerare corretta. Altri hanno interpretato che x
appartiene all’insieme dei numeri naturali (già abituati a leggerlo così).
Giulio insiste dicendo che in N sono elencati tutti i numeri naturali, ma non
vede nessuna lettera x. Non ha tutti i torti.
Propongo di migliorare la definizione dell’appartenenza, o di precisare
la lettura: «La x varia in N» oppure «La x assume valori naturali». Dopo questa riflessione, gli altri condividono la
precisazione. Noto che i ragazzi sono molto presi dall’argomento e ognuno vuole
essere protagonista. Ne approfitto della situazione e chiedo se le scritture
sottostanti le posso chiamare uguaglianze:
(a) 2+3=3+4; (b) 8
– 3=2+3; (c) a +2 = a;
(d) 2x = 6
Perplessità.
Andi ritiene che esclusa la (a), le atre sono uguaglianze. Giulio non si
sbilancia. Alcuni sono d’accordo con Andi. Per non influenzarli con il mio
silenzio, chiedo se ci sono altri pareri. Angela suggerisce che anche la (c)
non è un’uguaglianza. Altri studenti la pensano come lei.
Sviluppo
la (a) e scrivo 5 = 7. «Se non la posso chiamare uguaglianza,
che nome posso darle? »
Rispondono quasi tutti in coro: «Uguaglianza
falsa». Se c’è il simbolo “ =
” rimane sempre un’uguaglianza. Calcolando i suoi membri, siamo in grado di
dire se è un’uguaglianza vera o un’uguaglianza falsa. Quando non possiamo
farlo, quell’uguaglianza si chiama equazione. La (c) e la (d) sono equazioni.
La variabile x può assumere diversi valori in N, in Z, ecc.
x Î N, N = {0,1,2,3,4,5,6,7,…….}
. Se nell’equazione
(d) 2x = 6, x
assume il valore 0, abbiamo
2∙0 = 6, Þ
0 = 6, uguaglianza falsa.
Risulta
così anche per i valori 1, 2, 4, 5, …
Per il valore 3 abbiamo
2∙3 = 6, Þ
6 = 6, uguaglianza vera.
Il
numero 3 che ha verificato
l’uguaglianza (trasformandola da letterale in un’uguaglianza vera numerica) si chiama soluzione
dell’equazione. L’insieme delle soluzioni è: S = {3}. Riassumendo, l’equazione a prescindere è
un’uguaglianza. Le sue soluzioni, certi valori numerici che la verificano.
Risolvere
un’equazione è come cercare di conoscere una persona. Quando la vedi per la
prima volta, l’apparenza può anche ingannare, poi pian piano riesci ad inquadrarla.
Quando operiamo con un’equazione, all’inizio può sembrare difficile. Cerchiamo
di ordinarla e definire il suo grado, dopo di che scegliamo il metodo
rispettivo per risolverla. L’equazione di primo grado la risolviamo, in poche
parole, applicando le operazioni inverse per raggiungere l’incognita. Per
conoscere l’altro (la persona dietro la x, oppure delle sue caratteristiche) si
comincia a trasportare i termini noti (nome, cognome, età) al secondo membro
dell’uguaglianza fin quando si arriva alla vera incognita (non sempre ci si
riesce L ). Le soluzioni di un’equazione, in fin dei conti,
rappresentano un coinvolgimento complicato dei coefficienti. Sono quest’ultimi
che a volte, a prima vista, ci fanno capire se le soluzioni esistono e quali
sono. È come quando vedi una persona vestita con la divisa e capisci subito che
lavoro fa.
Sempre
tramite le operazioni inverse si immagina che per risolvere l’equazione di
secondo grado, tra l’altro, bisogna eseguire anche la radice quadrata. Otteniamo valori razionali, irrazionali o
immaginari. È comodo quando la radice ci da valori interi. Di conseguenza le
soluzioni sono intere o razionali. I numeri interi sono come le persone gentili. Con loro si
opera facilmente. Non di meno quelle razionali. Per “conoscere queste persone a
prima vista” (soluzioni dell’equazione di secondo grado), do la regola per risolvere a "Colpo d'occhio_1":
In
un’equazione di secondo grado ax2 + bx + c = 0, se |
a+c | = |
b | , allora il discriminante ∆, è
un quadrato perfetto.
Le
soluzioni sono:
A)
x1
= -1, x2 = - c/a, se a + c = b B)x1 = 1, x2
= c/a se a + c = - b
Compito
a casa: dimostrare che ∆ = (a-c)2
A
parte il valore 1 che in genere rappresenta la neutralità, con l’altra soluzione, c/a, la persona si presenta con una frazione o detto diversamente, una persona razionale. «Un uomo è come una frazione il cui numeratore è quello che è,
e il cui denominatore quello che pensa di sé. Più grande è il denominatore,
minore la frazione. » diceva Lev Tolstoj.
Il coefficiente a quindi, per l’equazione di
primo e secondo grado, ha un particolare ruolo.
«Applicando la regola di "colpo d'occhio_1", che
cosa avviene con coefficienti b, c interi e a =1? » Due
secondi di calcoli e Fatima con il sorriso risponde «
Le soluzioni sono persone gentili. J» Ilarità in aula.
Proviamo
a dare velocemente le soluzioni dell’equazione 12x2 – 17x + 5 = 0, applicando la regola di "colopo d'occhio_1". Si nota che a + c = - b, le soluzioni sono: 1 e 5/12. Proviamo
che ∆ è un quadrato perfetto. ∆ = b2 – 4ac; ∆ = (-17)2 –
4∙12 ∙5 = 289 – 240 = 49 = 72 ✔, quadrato perfetto. Le
soluzioni x1= (17 – Ö49) / (2∙12) = 5/12 x2 = (17 + Ö49)
/ (2∙12) = 1. ✔
S = {5/12; 1}. Apro
il testo di matematica sulla LIM e invito gli studenti ad individuare quali equazioni soddisfano la
nostra regola. I ragazzi si divertono nel calcolare a memoria le soluzioni
confrontandole con le risposte del libro.
Matteo
osserva che le risposte degli esercizi del testo sulla lavagna interattiva sono
scritte diversamente da quelle del suo libro. Forse il suo testo è di una vecchia edizione. A prescindere da questo,
chiedo a Matteo di dare una sua spiegazione. Silenzio in classe. Ricordiamoci
che oggi dobbiamo ragionare con le conoscenze matematiche avvalendoci delle
definizioni. Matteo nota che le soluzioni delle equazioni, che tra l’altro sono
corrette, nel testo che appare sulla LIM, sono scritte semplicemente come
valori numerici. Sul suo testo no. «Che
cosa sono b = -3, x = -1?»
Matteo risponde a voce bassa che sono soluzioni. Dimmi la definizione delle
soluzioni. «Insieme di valori
numerici che verificano l’equazione.
» – «Le scritture di
sopra rappresentano insiemi? ».
Matteo a voce piena dice che sono uguaglianze, anzi equazioni. Le soluzioni di
un equazione non possono essere altre equazioni. Noto un atteggiamento di
maggiore consapevolezza da parte sua.
Messi
i punti sulle i, torniamo all’applicazione della nuova regola. Le soluzioni
pronte, senza calcoli dei discriminanti ai quali purtroppo non si può sfuggire
sempre.
Parlando
di equazioni di grado superiore al secondo, sicuramente il primo che ci aiuta è
Ruffini. Basta trovare gli zeri dell’equazione e abbassare il grado
scomponendola in fattori di primo o secondo grado. Quest’ultimi oramai li
sappiamo risolvere J.
Data
l’equazione: 2x3 + 3x2 - 2 x - 3 = 0 Trovare le soluzioni.
Fatima
coglie l’occasione. Prova a trovare quale dei divisori {±1; ±3/2} del termine c/a è lo zero dell’equazione. P(1) = 2∙13
+ 3∙12 - 2∙1 - 3 = 0 Intervengo chiedendole che cosa sa sulle
proprietà del numero 1. «A
parte di essere l’elemento neutro della moltiplicazione, ogni sua potenza vale
uno». Di conseguenza ogni
termine risulta prodotto del numero 1 con il coefficiente. A questo punto per
calcolare velocemente P(1), basta sommare i coefficienti delle potenze della x.
P(1) = 2 + 3 - 2 - 3 = 0. Con la
regola di Ruffini Fatima scompone in fattori (x-1)(2x2 + 5x + 3) = 0. Risolve
2x2 + 5x + 3 = 0 notando che a + c = b,
2 + 3= 5. Secondo la nuova regola di !colpo d'occhio", le soluzioni sono: x1 = - 1, x2 = -c/a. Scrive
le soluzioni dell’equazione S = { -
1; +1; -3/2}.
Facile,
veloce e anche divertente.
Arriva
il momento di proporre la seconda regola di oggi.
Come
dicevamo prima, le soluzioni dell’equazione dipendono dai propri coefficienti.
Sono quelli che a volte (come abbiamo già visto per l’equazione di secondo
grado) ci dicono a prima vista se le soluzioni esistono e quali sono. La regola "Colpo d'occhio_2":
In
un equazione di terzo grado x3 + bx2 + c x + d = 0 * se d = b∙c, allora le soluzioni dell’equazione sono: x1
= -b; x2 = -Ö
-c; x3 = Ö
-c.
Dimostrazione
in classe. Suggerimento: al posto del
coefficiente d scrivere il suo equivalente bc:
x3 + bx2 +
c x + bc = 0
Chiedo
a Matteo di fare la dimostrazione alla lavagna. Opera facendo la raccolta
parziale seguita da quella totale: x2(x
+ b) + c(x + b) = 0 Þ (x2 + c) (x + b) =
0 infine la legge di annullamento: x2
+ c = 0; x + b = 0
S = {-b;
-Ö-c;
Ö-c }
*Se a ¹1 si può
sempre dividere i membri dell’equazione per a.
Possiamo
costruire un’equazione di terzo
grado, con coefficienti b e c di qualsiasi
valore reale e con coefficiente d il loro prodotto. Così facendo le sue radici
si possono conoscere immediatamente.
Es: scegliere b = 23, c = -9, di conseguenza d = -207. L’equazione
è:
x3
+ 23x2 - 9x - 207 = 0 e le soluzioni
x1 = - 23; x2 = - Ö9 =
-3; x3 = Ö9 = 3. S = {- 23; -3; 3}
Le
regole che abbiamo visto "Colpo d'occhio_1 e _2" ci aiutano a risolvere una certa categoria delle
equazioni ovvero quelle con coefficienti tali da soddisfare le regole. Conoscendo
i coefficienti possiamo dire se l’equazione è definita in R. In questo caso, le
soluzioni possono essere intere, razionali o irrazionali.
Chiedo
ai ragazzi di provare a descrivere tali soluzioni (numero decimale finito,
decimale periodico, decimale infinito non periodico) come caratteristiche delle persone.
Le
risposte oltre ad essere appropriate, sono anche molto divertenti. Le categorizzano
come persone razionali, che vanno subito al dunque; ripetitive, che dicono
sempre la stessa cosa e gli ultimi come persone proprio irrazionali, con
ragionamenti che non hanno nè testa, nè coda.
Segno
i compiti a casa: risolvere le equazioni applicando, se è possibile, le nuove
regole.
Mi
complimento con gli studenti dicendoli che ogni equazione definita in questa
classe ha delle soluzioni intere o razionali. Giulio alza la mano e aggiunge:
«Grazie professoressa, vuol dire che i coefficienti sono quelli giusti. J»
Di
solito usiamo la lingua madre per leggere la matematica. Oggi abbiamo usato la
lingua matematica per leggere in italiano. È stata una equa azione.
Besa Nuhi
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